Se Bollorè lo permetterà, in una prossima assemblea degli azionisti, Telecom Italia potrebbe essere divisa tra rete e servizi, Netco e Servco.

Se l’operazione andrà in porto, si parla di destinare 15 mila dipendenti a Servco e 25 mila a Netco. Quindicimila dipendenti sono il triplo di Vodafone, che non è proprio un’azienda “in forma”. Come sarà sostenibile Servco? Inoltre, l’azienda non ha mai operato senza vincoli di mercato legati alla sua posizione dominante. Questo non è un retaggio culturale da sottovalutare.

L’assegnazione di più persone a Netco potrebbe alleggerire Servco, ma Netco diventerebbe sostenibile solo investendo marginalmente nella modernizzazione della rete e aumentando le tariffe all’ingrosso di non poco. Si parla di 7 miliardi di investimenti per estendere la rete di accesso in fibra. Le tariffe all’ingrosso (le entrate di Netco) possono essere aumentate solo rinunciando alle regole della concorrenza e delle TLC dell’UE. Non mi sembra che questo negoziato sia in corso.

Oppure, gli oltre 15mila dipendenti di Servco sarebbero sostenibili aumentando i prezzi al dettaglio (tra i più bassi al mondo nel mobile e in Europa nel fisso). Ma questo è possibile solo riducendo la concorrenza nella telefonia mobile.

Se non ricordo male è stata la DGCOMP dell’UE a imporre un quarto operatore dopo la fusione Wind-Tre aprendo a Iliad. Wind e Tre sono stati i principali artefici di una corsa insostenibile all’abbassamento delle tariffe mobili. Iliad ci ha messo il suo sigillo.

Le basse tariffe nel mobile hanno un impatto sulla redditività del fisso. A questo proposito, è interessante rileggere con una certa attenzione l’articolo che ho scritto nel 2007 su Beltel.

Rispetto a quando ho scritto questo articolo, ormai molte situazioni ostative si sono sviluppate e consolidate, quindi vedo difficile una soluzione.

Mi chiedo se l’operazione avrà successo. Lo sviluppo della rete è un tema rilevante per la futura competitività del Paese; sarebbe interessante capire quale sarà l’impatto sull’occupazione e sui piani di sviluppo della nuova rete separata.

E soprattutto, come si pensa che Netco e Servco possano essere sostenibili, senza accordi con Bruxelles, che non mi sembra siano all’ordine del giorno."

Articolo di Beltel: 2007.04.03 Beltel - AcquaItalia, Waternet e la rete unica Facciamo allora un “esperimento di pensiero”, un “e se…” per analogia. Supponiamo che un’unica azienda nazionale, che chiameremo AcquaItalia, sia proprietaria del 98% della rete di distribuzione dell’acqua alle abitazioni e si faccia carico dei costi di manutenzione. AcquaItalia, remunerata dalle tariffe di allacciamento e dal consumo effettivo di acqua, realizza profitti, distribuisce dividendi ed effettua investimenti di ammodernamento. Supponiamo ora che, grazie a un’innovazione tecnologica fantascientifica, una nuova società, Waternet, riesca a scavalcare l’ultima parte della rete di AcquaItalia e a distribuire l’acqua ai suoi utenti a costi molto più bassi, e quindi a tariffe inferiori a quelle applicate da AcquaItalia. Waternet installa a Roma quattro punti di allacciamento alla rete idrica (contribuendo così con i costi di allacciamento di soli quattro punti) da cui spinge l’acqua che trasporta ai propri utenti, ai quali non fa pagare le tariffe di allacciamento ma solo l’acqua consumata. È chiaro, però, che ogni utente che sceglie Waternet abbassa i ricavi della stessa infrastruttura di AcquaItalia che permette a Waternet di esistere.

Stiamo parlando di un’innovazione tecnologica applicabile a una porzione specifica della rete. Se viene implementata dal gestore della rete, può portare a una riduzione delle tariffe all’ingrosso o al dettaglio. Se invece viene applicata solo agli utenti del “concorrente innovativo”, questi beneficeranno dei minori costi di distribuzione finale, ma tutti gli altri consumatori di acqua (di Aquitalia) dovranno contribuire a compensare i maggiori costi dell’infrastruttura preesistente, la stessa che permette al concorrente (Waternet) di esistere. In pratica, le tariffe all’ingrosso applicate da AcquaItalia a Waternet dovrebbero aumentare per consentire ad AcquaItalia di mantenere la rete idrica che Waternet stessa utilizza. Se AcquaItalia non fosse in grado di farlo e per effetto della concorrenza di Waternet cessasse di operare, anche Waternet sarebbe condannata alla stessa sorte.

Come conciliare le esigenze dell’organizzazione ospitata con quelle dell’organizzazione ospitante? I costi delle reti devono essere ripartiti su tutti gli utenti (retail e wholesale). Altrimenti, gli investimenti per modernizzare la rete non vengono ripagati e si finisce per raggiungere il minimo comune denominatore in termini di qualità e servizio. Forse, come in alcuni Paesi, uno standard minimo del genere potrebbe essere accettabile, ma di certo non può essere accettato da chi crede che un livello crescente di qualità del servizio sia alla base dell’innovazione e della competitività del nostro Paese. Solo un’ampia collaborazione, eventualmente sancita da obblighi, tra l’operatore di rete e i concorrenti permette di neutralizzare le esternalità negative della concorrenza e quindi di far crescere il beneficio collettivo. In parole più chiare: “Una sola rete” all’ingrosso e concorrenza regolata al dettaglio.

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      1 year ago

      ancora non abbiamo venduto la nostra infrastruttura più importante, i cavi dei dati delle persone, ai francesi?

      Purtroppo per nostra sfortuna stiamo parlando di KKR che è un operatore di private equity americano, se fosse stato francese sarebbe stato meglio visto che avrebbe dovuto sottostare alle leggi europee.

      Quanto la fanno lunga?

      La stanno facendo lunga perché si parla sempre di un’infrastruttura nazionale strategica per la sicurezza nazionale, anche perché si parla anche di Sparkle di TIM, che in pratica detiene un pezzo di interconnessione internet globale - praticamente un pezzo di internet che noi serviamo.